A Londra è esistito un locale di dischi hip hop gestito da agenti sotto copertura. Si chiamava il Boombox.
Il Boombox è un negozio di Londra che aprì ufficialmente nel 2008. In apparenza si tratta di un normale negozio di dischi hip hop, ma la realtà è un’altra. Si tratta di un negozio gestito da poliziotti sotto copertura. L’interno è disseminato di microfoni e telecamere. Una cosa – in apparenza – del tutto normale per un negozio del genere.
In realtà si tratta di attrezzatore in dotazione alle forze dell’ordine piazzate per spiare le attività criminali delle gang che frequentano la zona in cui si trova il negozio. Il Boombox è un negozio di Londra che vende dischi hip hop con tanto di studio. L’attività commerciale sarebbe gestita da agenti sotto copertura.
Operazione Peyzac
Dietro l’insegna del negozio di vinili si celava l’Operazione Peyzac, sotto la guida di un reparto specializzato della Metropolitan Police londinese. Lo scopo dell’attività era quello di controllare gli episodi di violenza del quartiere, dove nei primi sei mesi dell’anno dell’apertura del negozio morirono sei giovani ragazzi afroamericani.
Al termine dell’operazione della squadra speciale vennero arrestate 35 persone colpevoli di diversi reati, tra cui spaccio di droga e associazione a delinquere finalizzata al traffico di armi da fuoco. La storia del Boombox è stata resa nota soltanto qualche mese fa, a novembre. A rendere noto lo scoop fu Chinhemba, 35enne originario dell’Angola condannato per spaccio di eroina.
Dopo essere stato arrestato, ha deciso di raccontare la sua storia al quotidiano Vice. “Nel 2008 avevo vent’anni e volevo lavorare con la musica. Quando ho scoperto Boombox ero felicissimo: finalmente avevamo uno studio di registrazione con dei prezzi accessibili. Ai tempi era impossibile fare un disco: l’affitto degli studi era costosissimo”.
Il racconto prosegue: “Parlammo perlopiù di lavoro, perché stavo spingendo per farmi entrare nel giro. Pochi giorni dopo, mentre eravamo al Boombox, mi disse che stava arrivando un suo amico dall’Irlanda. Era uno a posto ma aveva un problema con l’eroina. Così mi chiese di procurargliene un po’”.
E spiega: “Feci da intermediario, senza guadagnarci nulla. Fu così che incastrarono me e altri. Furono loro a farci commettere il reato. Mi dissero: ‘sappiamo che non sei uno spacciatore. Dacci i nomi e te la caverai con un richiamo’. Gli scoppiai a ridere in faccia. Come faccio a testimoniare se poi mi rimetti nello stesso quartiere? Sarei finito accoltellato”.